CURIOSITÀ


GLI ASSEGNATI DELLA PRIMA REPUBBLICA ROMANA
Davide Oldrati © 2019


Un ritrovamento casuale in un mercatino mi offre lo spunto per parlare degli Assegnati della Prima Repubblica Romana, piccoli biglietti stampati con inchiostro nero su carta bianca filigranata, emessi dal governo della Repubblica Romana durante l'occupazione francese della penisola italiana tra il 1798 e il 1799.


Gli assegnati più comuni della prima Repubblica Romana


Nonostante abbiano oltre 220 anni di età e furono stampati in quantità tutto sommato limitata, le denominazioni più comuni di queste emissioni, da 1 ½, 7, 8, 9 e 10 Paoli, si aggirano mediamente sui 20 euro in conservazione Splendido/Fior di Stampa. Le denominazioni non comuni da 3 Baiocchi, 2 e 2 ½ Paoli salgono invece a un centinaio di euro circa mentre quelle più rare da 5 e 10 Baiocchi possono arrivare a svariate centinaia di euro, sempre che riusciate a trovarle.

Firme e tiratura degli assegnati:

Denominazione Firma Tiratura
3 baiocchi Giuseppe Brancadori pz. 224.000
5 baiocchi Domenico Ballanti pz. 224.000
10 baiocchi Barili pz. 245.600
1 ½ Paoli Francesco Laudoni pz. 266.000
2 Paoli L. Fontana pz. 28.000
2 ½ Paoli Broggi pz. 28.000
7 Paoli Gio. Gherardo De Rossi pz. 226.000
8 Paoli Ag.o Dolcibene pz. 198.000
9 Paoli Pio Persiani pz. 226.000
10 Paoli Lodovico Galli timbro triangolare pz. 928.900
timbro circolare
timbro quadrato
timbro romboidale

(da "La Cartamoneta Italiana", Vol. 2, di G. Crapanzano e E. Giulianini)


ASSEGNATI E BENI ENFITEUTICI

L'emissione di assegnati fu stabilita, sul modello degli assegnati francesi, dalla Legge del 23 Fruttifero Anno VI (che secondo il calendario rivoluzionario corrisponde al 9 settembre 1798) e definita dal Decreto Consolare del 3 Complementario Anno VI (19 settembre 1798).

Chi volesse può trovare gran parte della vasta produzione legislativa repubblicana nei 5 Tomi della raccolta "Collezione di carte pubbliche, proclami, editti, ragionamenti ed altre produzioni tendenti a consolidare la rigenerata Repubblica Romana", scaricabile gratuitamente da books.google.com.

Tutti gli assegnati recano la stessa data di emissione: "I. Dell'Anno 7 – Repubblicano" (22 settembre 1798).





Essi furono concepiti per porre rimedio alla grave crisi finanziaria che già affliggeva lo Stato Pontificio prima dell'invasione francese. L'amministrazione pontificia aveva inondato il mercato con cedole, denominate in Scudi, prive di garanzie oggettive. Un anonimo contemporaneo (manoscritto "Pensieri sulle circostanze economiche dello Stato Pontificio nell'anno 1798") calcola che nello Stato Pontificio circolassero circa 20 milioni di Scudi in cedole del Banco di S. Spirito e del Monte di Pietà le quali, secondo il Ministero delle Finanze repubblicano, alla vigilia dell'ingresso dei francesi in Roma (15 febbraio 1798) già accusavano oltre il 25% di svalutazione al cambio con l'argento (notificazione del 4 Messifero VII).



Una cedola pontificia da 33 Scudi del Monte di Pietà


Il nuovo governo repubblicano contava di sostituire progressivamente quelle cedole svalutate con assegnati il cui valore fosse garantito da ipoteca sui "Beni Enfiteutici". I Beni Enfiteutici erano una porzione delle proprietà sottratte al vasto patrimonio ecclesiastico e messa a rendita allo scopo di garantire la convertibilità degli assegnati. Il concetto è espresso chiaramente dal Generale Francesco Macdonald, Comandante delle truppe francesi di stanza a Roma, nelle considerazioni introduttive alla fondamentale legge del 23 Fruttifero:

"...qualunque segno monetario, il quale non porta con sé medesimo la sua propria garanzia, deve averne una nella ipoteca certa, mediante la quale si estingue gratuitamente."

Questi assegnati nacquero sotto i migliori auspici: nella Notificazione del 25 Vendemmiale VII (16 ottobre 1798), il Ministro delle Finanze Gherardo De Rossi stimava il totale delle garanzie costituite dai beni enfiteutici (sia in capitale che in rendite annue) in circa due milioni e mezzo di Scudi, affermando che tale cifra superava abbondantemente la massa stessa degli assegnati. Ribadiva che l'utilizzo di tali beni e della rendita dei loro affitti era destinato esclusivamente a garantire il valore degli assegnati e concludeva con tono trionfale:

"Per tal mezzo sarà riattivata la circolazione e rifiorirà l'agricoltura, l'industria, ed il commercio avvilito e depresso dalla mancanza del numerario; e si conseguirà così non meno il pubblico che il privato bene."

IL DECLINO DEGLI ASSEGNATI

Tuttavia, la sorte degli assegnati repubblicani seguì quella delle cedole pontificie. Nati per essere scambiati alla pari con la moneta "erosa" (moneta di rame, dal lat. aerosus, der. di aes aeris = rame), ben presto anch'essi cominciarono a perdere prestigio e a svalutarsi fino al punto che qualcuno cominciò a rifiutarli.

Per contrastare questa tendenza fu varata la legge del cosiddetto "centuplo" (30 Vendemmiale VII, ovvero 21 ottobre 1798) per cui chi rifiutava di accettarli veniva condannato ad una multa pari a 100 volte la somma rifiutata. Ma nonostante il deterrente, la svalutazione non cessò e la spirale inflazionistica portò lo Scudo "fino" (d'argento) a valere oltre 5 volte quello di carta.

Andamento del cambio di uno Scudo di assegnati con moneta "erosa" (in rosso) e moneta "fina" (in blu):



Come abbiamo visto, il catalogo di Crapanzano e Giulianini riporta la tiratura dell'emissione di assegnati: i dati da esso riportati fanno scaturire alcune domande.

Innanzitutto, sapendo che 1 Scudo = 10 Paoli = 100 Baiocchi, possiamo facilmente calcolare il valore totale dell'emissione, che nel complesso ammonta a 1.543.880 Scudi nominali. Questo dato contrasta con quanto preventivato nella già citata Legge del 23 Fruttifero VI, la quale all'Art. II indica in 1.740.000 Scudi nominali il valore totale dell'emissione in assegnati. Perché furono emessi 196.120 Scudi in meno rispetto a quanto pianificato? (ATTENZIONE: VEDI CORREZIONE!!!)

Inoltre, il dato quantitativo dell'emissione di assegnati, in rapporto al totale delle garanzie costituite dai beni enfiteutici (due milioni e mezzo di Scudi circa), dimostrerebbe che la produzione di assegnati non fu eccessiva, anzi. Dunque come si spiega il loro andamento inflazionistico?

Infine, sempre in riferimento alle tirature dei diversi tagli: le due denominazioni da 2 e 2 ½ Paoli, con una tiratura di soli 28.000 esemplari ciascuna, dovrebbero essere quelle più rare. E invece non è così: i tagli in Baiocchi, che secondo il catalogo avrebbero una tiratura di oltre 200.000 esemplari ciascuno, sono di gran lunga più rari. Come mai?

Credo che la risposta a queste domande sia legata alla progressiva deflazione subita dalla moneta metallica, innescata dal corto circuito tra la svalutazione delle cedole pontificie e il sistema delle aste dei beni nazionali.

LE ASTE DEI BENI NAZIONALI

Per rifornirsi di valuta con cui pagare le diverse spese governative (prime fra tutte le forniture per l'esercito repubblicano, minacciato a sud dal Regno di Napoli), il Ministero delle Finanze mise all'asta il vasto patrimonio dei beni nazionali (le proprietà confiscate allo Stato Pontificio, di cui i beni enfiteutici erano una porzione inalienabile destinata esclusivamente alla copertura degli assegnati, e che non fu quindi mai messa all'incanto).

Nell'intento di assorbire l'enorme massa delle cedole pontificie in circolazione, la legge del 5 Germile VI (25 marzo 1798) aveva demonetizzato tutte le cedole di grosso taglio (superiori a 35 Scudi) consentendo con esse esclusivamente l'acquisto dei beni nazionali, messi all'asta periodicamente. Le cedole così recuperate venivano poi distrutte in pubblici falò.


La legge, però, imponeva di pagare un quinto della base d'asta in moneta d'argento, sicché molti potenziali acquirenti, nella speranza di riuscire a liberarsi delle cedole demonetizzate di cui erano in ampio possesso prima che perdessero definitivamente qualsiasi valore, erano costretti a reperire l'argento sul mercato nero, presso i "bagarini", sborsando quantità di cartamoneta in misura proporzionalmente maggiore. L'agonia delle vecchie cedole pontificie finì così per contagiare anche il resto della valuta cartacea: quanto più la moneta metallica scarseggiava, tanto più diventava costosa e maggiore era la quantità di cartamoneta (assegnati e resti) che serviva per racimolare la quantità di argento necessaria a partecipare alle aste. La deflazione della moneta "fina" causò l'inflazione della moneta cartacea.


Dopo vari tentativi di aggiustare il meccanismo, alla fine il governo prese atto della situazione insanabile e decise di ritirare definitivamente ogni cartamoneta dalla circolazione con la Legge del 4 germile VII (24 marzo 1799). Questo fatto spiega probabilmente l'ammanco dei 196.120 Scudi rispetto all'entità programmata. (SBAGLIATO: VEDI CORREZIONE!!!)

Quanto alla maggiore rarità dei tagli in Baiocchi, bisogna rilevare che, a causa della scarsità di moneta metallica, gli unici tagli che fu consentito convertire in moneta "erosa" furono proprio quelli in Baiocchi, che richiedevano un esborso metallico ridotto dato il loro basso valore nominale. Per recuperare gli altri fu, invece, ideata una curiosa lotteria di proprietà immobiliari! La maggior parte degli assegnati in Baiocchi fu quindi convertita e andò in seguito distrutta, mentre evidentemente una maggior porzione di tagli in Paoli fu conservata ed è giunta infine a noi. Evidentemente, non si era ancora diffusa la ludopatia...

QUALCHE SIMBOLO ESOTERICO

L'aspetto di questi biglietti è piuttosto elementare: carta bianca, inchiostro nero e design basilare hanno senz'altro contribuito a sopirne l'interesse numismatico. Eppure, non mancano elementi interessanti in grado di farci viaggiare attraverso la storia. A cominciare da alcuni simboli quali il berretto frigio e il fascio consolare.

Il significato di questi simboli affonda nei secoli e se ne potrebbe parlare per giorni senza riuscire ad esaurire l'argomento. Ma non è questo lo scopo del post, quindi mi limiterò a fornirne una spiegazione sommaria e superficiale prima di proseguire. Chi volesse approfondire l'argomento può cominciare da qui o qui.

Il berretto frigio era il copricapo donato dai padroni ai libérti (schiavi liberati) nell'antica Roma, ed era anche indossato dai prigionieri di Marsiglia liberati durante la Rivoluzione francese. Simboleggia la libertà e, per derivazione, la stessa rivoluzione francese.

Il medesimo berretto frigio si ritrova anche nell'iconografia di paesi geograficamente molto lontani da noi:


Stemma dell'Argentina Stemma della Colombia Stemma del Nicaragua


Il fascio consolare (o littorio) è un oggetto di origine etrusca, simbolo del potere e dell'autorità. Costituito da un mazzo di ramoscelli di betulla e da una scure legati insieme da cinghie di cuoio, era il simbolo dell'autorità della legge nell'antica Roma. La sua versione rivoluzionaria, sormontata dal berretto frigio, unisce insieme la valenza autoritaria e quella libertaria, divenendo il simbolo della legge come strumento della sovranità popolare, uguale per tutti e quindi argine all'arbitrio dei potenti.
In Italia, il Partito Nazionale Fascista lo ha adottato circa 125 anni dopo (senza però il berretto frigio) attribuendogli una connotazione totalitaria diversa da quella propugnata dalla Rivoluzione francese, sebbene la propaganda politica non mancò di appropriarsene, come mostra il timbro sull'esemplare da 3 Baiocchi qui sotto.



Un esemplare da 3 Baiocchi con il timbro "Mostra della Rivoluzione Fascista"


Sui tagli da 7 e 8 Paoli, inoltre, troviamo un dettaglio aggiuntivo, accanto al riquadro della denominazione stretta tra gli artigli dell'aquila.




Sulla destra si trova un simbolo stilizzato, simile ad una "A" con un cordino che penzola dal vertice. Si tratta del simbolo dell'archipendolo, uno strumento di origine pre-egizia che veniva utilizzato dai costruttori per misurare l'inclinazione di un piano. È da lungo tempo un simbolo esoterico massonico e fu adottato dai rivoluzionari francesi nel suo significato originario di uguaglianza e giustizia.




UNO STRANO BIGLIETTO DA 8 PAOLI

Fin qui tutto molto interessante (spero...), ma c'è ancora molto da dire su questi piccoli e apparentemente anonimi biglietti. Casualmente, qualche tempo fa rinvenni un biglietto da 8 Paoli diverso da tutti gli altri. Al confronto con il tipo comune, la differenza generale è abbastanza vistosa: si notano una minore qualità di stampa e una diversa spaziatura tra i caratteri in molti punti, segno che è stata usata una piastra diversa.


Assegnato da 8 Paoli comune Assegnato da 8 Paoli anomalo


Ad un esame più attento emergono differenze fondamentali: sotto il bollo con il fascio consolare (quello in alto a sinistra) notiamo che il tipo comune reca un errore di stampa ("Deli'Anno 7") mentre l'esemplare in questione reca la versione corretta "Dell'Anno 7". Inoltre, al retro, la "I" di "Paoli" in alto a sinistra è in stampatello, diversamente dal corsivo della versione comune ("PAOLI").


Assegnato da 8 Paoli comune Assegnato da 8 Paoli anomalo

Dicitura con errore

Dicitura corretta

"I" in corsivo

"I" in stampatello


Un'ulteriore anomalia (seppure frequente in questi biglietti per via della poco qualificata attività di stampa) consiste nell'errato posizionamento del foglio filigranato nella pressa di stampa, come si vede dalla filigrana invertita: la dicitura REP. ROM., infatti, si legge da destra verso sinistra anziché da sinistra verso destra.





Non ho trovato riscontro di questa varietà né nei cataloghi né nelle aste on line o nelle bancarelle delle fiere numismatiche. È chiaro che ci sono solo tre possibilità:
  • che si tratti di un esemplare originale non ancora classificato;
  • che si tratti di un esemplare contraffatto (un falso moderno);
  • che si tratti di un falso d'epoca.

ORIGINALE O CONTRAFFATTO?

Un altro famoso catalogo, "Cartamoneta Antica" di F. Gavello e A. Boasso, riporta due varietà del tipo da 10 Paoli: una con la denominazione scritta in lettere minuscole ed una con un errore di stampa che riporta "PALOI" al posto di "PAOLI".


Un esemplare con errore di stampa "PALOI" (ho cancellato il numero di serie perché purtroppo l'esemplare non è mio...); il timbro al retro è circolare.


È confermato quindi che furono create piastre multiple per il taglio da 10 Paoli. Provo ad ipotizzare che sia successo lo stesso anche per la denominazione da 8 Paoli.


L'Articolo IV della già citata Legge del 23 Fruttifero VI prevede che gli assegnati siano numerati progressivamente partendo dal numero 1. Visto il numero di serie relativamente basso, ho inizialmente pensato che potesse trattarsi di una primissima versione per la quale avrebbero utilizzato una piastra difettosa, poi sostituita con un'altra, recante però l'errore di stampa "Deli'Anno 7". In seguito, accortisi dell'errore, avrebbero deciso di mantenerla così com'era.

Quindi, per verificare questa ipotesi, basta trovare un esemplare da 8 Paoli con numero di serie inferiore a 45992 e vedere se ha la dicitura corretta o sbagliata. Presto fatto, l'esemplare qui a sinistra ha numero di serie 10269 e la dicitura è errata, pertanto l'ipotesi della doppia piastra non trova riscontro.

L'ipotesi che si tratti invece di una contraffazione moderna mi è parsa subito inverosimile perché, osservando il fronte dell'assegnato, sulla destra si nota il segno lasciato dalla pressione del bordo della piastra di stampa sulla carta.

Si tratta quindi di una vera incisione, laboriosa e ingiustificata dal punto di vista economico, dato che il taglio da 8 Paoli è uno dei più comuni e meno costosi. Se si fosse trattato di un taglio in Baiocchi o da 2 o 2 ½ Paoli (più rari e quindi più costosi...) avrei potuto considerare plausibile l'astuzia di qualche disonesto venditore ma darsi tanta pena per truffare una ventina di euro mi pare assurdo.

FALSO D'EPOCA?

Non rimane che affrontare l'ipotesi del falso d'epoca. La carta filigranata potrebbe provenire dalle cartiere che la producevano per i due banchi pontifici (Monte di Pietà e Banco di S.Spirito), carta che, durante il biennio repubblicano, era la stessa sia per le emissioni in Resti che per le emissioni in Assegnati.


Resto da 50 Baiocchi del Monte di Pietà Resto da 60 Baiocchi del Banco di S.Spirito


Sebbene paia la più verosimile, anche questa ipotesi, però, desta qualche perplessità.

Intanto, l'evidente discordanza nella data di emissione: possibile che il falsario abbia creato la piastra per il suo 8 Paoli senza copiare dall'originale? Se avesse utilizzato, come ci si aspetterebbe, un modello originale da 8 Paoli, si sarebbe certamente accorto dell'errore di stampa nella data di emissione! Inoltre, il fatto che abbia stampato l'assegnato invertendo il fronte col retro: dobbiamo considerare che, all'epoca, la falsificazione e il commercio di falsi erano reati molto gravi, puniti con la morte. Possibile che il falsario svolgesse una professione tanto rischiosa con tale nonchalance da non preoccuparsi neppure di posizionare correttamente la carta nella pressa?

Infine, come ho già detto, la cartamoneta all'epoca non godeva di grande reputazione: perché darsi la pena di falsificare biglietti che nascevano già svalutati e trovavano difficoltà ad essere accettati nelle spese di tutti i giorni? Ho parlato della scarsità di moneta metallica e del sistema delle aste di beni nazionali, da pagarsi per un quinto in moneta "fina": forse il falsario produsse assegnati di grosso taglio allo scopo di comprare moneta metallica.


Esiste anche un'altra possibilità: quella del falso per motivi ideali. Durante l'occupazione francese della penisola, vi furono forti resistenze popolari filo-papiste e numerosi tentativi insurrezionali contro gli invasori, che vanno collettivamente sotto il nome di "Sanfedismo". Può darsi che questo esemplare sia parte di un disegno più ampio per destabilizzare le già fragili finanze repubblicane con la creazione di falsa valuta. Si sa che in Francia la produzione di falsi a scopo politico, nel quadro della resistenza filo-monarchica, raggiunse livelli sistematici che coinvolsero anche potenze straniere (ad esempio il caso della stamperia fondata dal Conte Joseph de Puisaye a Londra). In Italia non si raggiunse mai una tale organizzazione, anche per via della breve durata dell'esperienza repubblicana, ma sappiamo che la lotta dei sanfedisti ostacolò la politica economica del governo: Renzo De Felice (ne "La vendita dei beni nazionali nella Repubblica Romana del 1798-99", 1960, pagg. 38 e 39), facendo un bilancio complessivo dei ricavi delle aste di beni nazionali, spiega che "...l'andamento dipartimentale delle vendite... risentì in misura determinante dell'insorgenza. I dipartimenti che più vendettero [in verde nell'immagine a destra] furono quelli dove non infuriò l'insorgenza o dove essa cominciò tardi...".





È chiaro che l'insorgenza sanfedista considerò la politica economica della Repubblica filo-francese un obiettivo strategico ed è probabile, quindi, che sia stata intrapresa una qualche iniziativa di falsificazione di valuta a scopo di boicottaggio. Forse questo assegnato fa parte di quell'impresa di fede e resistenza.

Siamo giunti alla fine di questo viaggio nel passato, e non siamo purtroppo pervenuti ad una soluzione definitiva del mistero. Tuttavia, l'importante non è il punto di arrivo, ma il percorso fatto: qualunque sia la natura di questo singolare assegnato da 8 Paoli (falso moderno, d'epoca o originale) una cosa è certa: è stato un ottimo stimolo e, personalmente, ho imparato molto. Tanto basta per essere convinto di aver fatto, nel comprarlo, un buon affare! Se vi capitasse di trovare un biglietto simile in giro vi prego di contattarmi, o lasciando un commento in fondo a questa pagina oppure scrivendomi a orodicarta@orodicarta.it. Il mio consiglio, in ogni caso, è quello di non farvelo sfuggire!




CORREZIONE!!!

In realtà, la questione appare chiara se osservata nella giusta luce. L'articolo II della citata Legge 23 Fruttifero VI dice che "...saranno fabbricati... dei Resti o sieno Assegnati per il valore di un milione settecento quarantamila scudi." La suddetta Legge dispone quindi la creazione non solo di Assegnati ma anche di Resti, che peraltro già circolavano essendo in produzione dal maggio 1798. Secondo il citato catalogo Crapanzano, Giulianini vol II, all'8 settembre 1798 i due istituti di credito repubblicani (il Monte della Pietà e il Banco di Santo Spirito) avevano già emesso Resti per un valore totale di 360.000 Scudi, dato confermato anche nell'articolo X della Legge 23 Fruttifero: "Il prodotto sia in Canoni, sia in Capitale dei beni enfiteutici... è specialmente ipotecato per il ritiro tanto dei resti o assegnati, che verranno fabbricati in esecuzione dell'articolo 2. di sopra, quanto di trecento sessanta mila Scudi di già emessi." Per tanto, possiamo desumere che l'ammanco di 196.120 Scudi, non colmato in Assegnati, fu espletato in Resti.

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