CURIOSITÀ


IL DENARO DEL TERRORE: LE EMISSIONI DELL'ISIS
Davide Oldrati © 2016

Tutti noi abbiamo imparato, nel corso di questi ultimi anni, a conoscere e temere la bandiera nera dell'ISIS: la sua sigla (“Islamic State of Iraq and al-Sham” - Stato Islamico di Iraq e Levante) è diventata sinonimo, nell'immaginario collettivo occidentale, di atrocità e fanatismo.

Se il terrorismo e la violenza sono gli strumenti principali con cui l'ISIS ha ottenuto questo primato dell'orrore, la propaganda è lo strumento con cui lo ha diffuso e ammantato di misticismo attraverso i suoi numerosi filmati, sempre più professionali e visivamente accattivanti, diffusi attraverso una capillare rete mediatica.

Ma c'è un aspetto di questa campagna di propaganda bellica, certamente minore e meno noto, che riveste un certo interesse dal punto di vista numismatico: quello dell'emissione, vera o fittizia, di banconote e monete da parte dello Stato Islamico.

L'idea di fondo è che l'emissione di valuta da parte di un potere militare determinato a raggiungere uno status istituzionale darebbe senz'altro maggiore autorevolezza alla propria presenza sui territori occupati. Il fatto che un esercito occupante sia in grado di battere moneta lo eleverebbe di fatto a Stato perché vorrebbe dire che è in grado di approntare istituzioni e organizzare una vita sociale ed economica stabile.

LA BUFALA

All'inizio del 2014, nel contesto di uno scontro sempre più agguerrito tra ISIS e al-Qaeda per contendersi il primato della jihad, appare sul web un video in cui l'ISIS afferma di aver dato inizio all'emissione di banconote.

La banconota mostrata nel video è denominata in "Islamic Pounds" e reca in ovale a destra l'immagine dell'allora leader di al-Qaeda Osama bin Laden, cosa che fa risalire il suo concepimento a prima della storica espulsione dell'ISIS da al-Qaeda avvenuta tra gennaio e febbraio del 2014 (del 2 febbraio l'ufficializzazione da parte di Zawahiri).




La notizia appare subito come una bufala. Infatti l'uso dell'inglese è sospetto perché la denominazione “one islamic hundred pounds” è grammaticalmente scorretta (dovrebbe essere “one hundred islamic pounds”) e soprattutto perché l'autorità di emissione non riporta per intero il nome ufficiale del gruppo terroristico: manca infatti il termine “al-Sham” sia nella dicitura in arabo che in quella in inglese. Per non parlare del fatto che, dovendo circolare nel territorio iracheno occupato dall'ISIS, dovrebbe essere denominata in Dinars e non in Pounds. L'uso dell'inglese evidentemente ha il solo scopo di impressionare l'occidente.
Inoltre il caso si chiarisce ulteriormente se paragoniamo questa fantomatica banconota con una banconota coloniale palestinese emessa dal britannico Palestine Currency Board tra il 1927 e il 1942:




Dal confronto tra le due immagini appare chiaro che hanno lo stesso numero di serie ma, soprattutto, hanno anche le stesse firme!


  dettaglio della falsa banconota da 100 islamic pounds
  dettaglio della banconota da 100 pounds palestinesi


Il caso dei cento pound islamici (o meglio, stando alla sua grammatica sgangherata, il “centinaio islamico di pound”) è chiaramente un fantasioso tentativo di guadagnare autorevolezza e visibilità attraverso un uso maldestro di Photoshop.

Esiste un'altra versione di questo falso propagandistico in cui il volto di Osama bin Laden è sostituito con il Sigillo di Maometto. Questa seconda versione è probabilmente successiva alla scissione del febbraio 2014, reca lo stesso numero di serie e le stesse firme.




Sigillo di Maometto


LA REALTÀ

Se l'episodio dell'emissione di cartamoneta è un falso propagandistico, il progetto di una valuta indipendente come base degli scambi petroliferi poggia su basi storiche: in una mail del 2 aprile 2011 il consigliere dei Clinton Sid Blumenthal informa Hillary che Gheddafi sarebbe in possesso di “143 tonnellate d'oro e altrettante d'argento” destinate all'emissione di una “valuta pan-africana basata sul Gold Dinar libico”.

Già nel 2009 Gheddafi, allora presidente dell'Unione Africana, aveva proposto ai paesi del continente di aderire ad una unione monetaria indipendente dal dollaro e basata sulla parità aurea, proposta che era stata accolta con favore da vari paesi tra cui la Tunisia di Ben-Ali e l'Egitto di Mubarak.


“In un sistema monetario aureo (– gold standard), si chiama parità aurea il contenuto di oro fino di una moneta o valore in oro del biglietto fissato ufficialmente, che serve anche di base per la valutazione dei cambi con l’estero.” da Enciclopedia Treccani


Il progetto del Gold Dinar di Gheddafi muore sepolto sotto le macerie dei bombardamenti della NATO nel 2011 ma, come recita un motto, nulla si crea e nulla si distrugge: tutto si trasforma. L'8 settembre 2015 esce un filmato intitolato “Dark rise of banknotes and the return of Golden Dinar” che propaganda la rinascita del Dinar aureo: condanna l'uso e l'abuso di banconote, prive di valore intrinseco, fonte dell'oppressione finanziaria dell'occidente sul mondo islamico e acclama il Gold Dinar, forte del proprio valore intrinseco, come strumento per rompere il monopolio del dollaro negli scambi petroliferi e mettere gli USA in ginocchio.


In luglio 2016 arriva, sempre attraverso un filmato caricato on-line, la conferma che l'ISIS ha infine compiuto il progetto del Gold Dinar emettendo una serie di monete in oro (1 e 5 Dinar, a destra), argento (1, 5 e 10 Dirham, al centro) e rame (10 e 20 Falasa, a sinistra).
1 Gold Dinar = 4.25 grammi di oro a 21 carati, pari all'incirca a 160,00 US$.




L'emissione di Dinari aurei è limitata e al momento è focalizzata a sostituire il dollaro nelle transazioni petrolifere imponendola come unica valuta accettata per comprare petrolio nei territori controllati dallo Stato Islamico. Paradossalmente, secondo alcune informative, in febbraio 2016 l'ISIS conduceva ancora gran parte dei suoi commerci in dollari (compreso il pagamento dei salari dei suoi miliziani).


Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per fare di queste monete una rarità numismatica eccezionale: il grande valore economico intrinseco; la grande difficoltà di reperimento; per non parlare dei guai legali in cui si incapperebbe quasi certamente se pescati con qualcuna di queste in tasca. Ma vorrei sottolineare come il principale deterrente all'acquisto sia la questione morale: quanti dormirebbero sonni tranquilli sapendo di aver finanziato l'ISIS solo per averle nella collezione?